«Soldi anche al partito di Penati»
IL CASO dell’area ex Falck di Sesto San Giovanni
«Soldi anche al partito di Penati»
L’imprenditore Di Caterina accusa il dirigente Pd: «Spremuto come un limone»
MILANO – Non c’è soltanto il costruttore, consigliere comunale ed ex candidato sindaco del centrodestra Giuseppe Pasini ad accusare il big del Pd lombardo Filippo Penati di avergli chiesto 20 miliardi di lire nel 2000-2001 per il via libera ai progetti urbanistici di Pasini sull’area ex Falck, e di essere poi stato destinatario di più di cinque miliardi tramite due intermediari che sono stati pagati in Lussemburgo (Piero Di Caterina) e in Svizzera (Giordano Vimercati): a parlare con i pm, infatti, è proprio anche Di Caterina, imprenditore del trasporto pubblico con la sua «Caronte».
«Spremuto come limone»
Pasini  raccontava che Di Caterina era stato il collettore indicatogli da  Penati per le erogazioni pretese (a suo dire) dall’allora sindaco ds di  Sesto San Giovanni, ieri autosospesosi da vicepresidente del Consiglio  regionale lombardo dopo essere stato indagato l’altro ieri dai pm  monzesi Walter Mapelli e Franca Macchia per le ipotesi di concussione,  corruzione e finanziamento illecito ai partiti. E affermava di aver dato  in contanti a Di Caterina due miliardi di vecchie lire in Lussemburgo. E  Di Caterina? Conferma che è vero. Nei mesi scorsi ha reso anche lui  molti interrogatori, inquadrando questa ricezione di soldi in una sorta  di compensazione tra favori alla politica e recriminazioni  imprenditoriali, ai quali ricollega tutta una serie di finanziamenti che  afferma di aver fatto nella seconda metà degli anni 90 e fino al 2000  per le esigenze del partito di Penati, in alcuni periodi anche cento  milioni di lire al mese. Come quelli di Pasini, anche i suoi verbali  sono «segretati» ed è dunque arduo definirne i contenuti esatti. Ma il  senso lo si afferra anche solo dalla scarna risposta di Di Caterina a  chi ieri lo ha interpellato: «Sono stato spremuto come un limone. Non se  ne poteva più di questo convivere gomito a gomito con i dinieghi  immotivati, con i ritardi, con gli ostacoli della politica e della  dirigenza dell’alta amministrazione. Adesso ho grande fiducia nei  magistrati».
Il conto estero «Pinocchio»
Che  davvero Pasini abbia pagato Di Caterina, ai suoi occhi fiduciario di  Penati, è del resto provato da un documento acquisito dalla rogatoria in  Lussemburgo (facilitata da Pasini) presso la banca alla quale bonificò a  se stesso 4 miliardi di lire nel 2001. Parte di essi rimbalzarono in  Svizzera e, a detta di Pasini, furono poi consegnati in contanti in  strada a Chiasso a Giordano Vimercati, in seguito capo di gabinetto del  Penati presidente della Provincia di Milano e anche rappresentante  designato dalla Provincia in molte società partecipate (come la  Serravalle). L’altra parte della provvista di denaro, invece, ebbe la  destinazione dettata appunto dall’istruzione data da Pasini alla banca  il 16 marzo 2001 e ora in mano agli inquirenti: «A debito del conto  Pinocchio, vogliate mettere a disposizione per contanti L. 2.500.000 a  favore di Di Caterina Piero. Alla sua presenza, attendere mia conferma  telefonica».
Consulenti imposti e coop
Il  monte-tangenti svelato da Pasini, intanto, sale ancora e si attesta  sugli 8 miliardi di lire. Ai 4 o 4,5 miliardi per l’area ex Falck  consegnati in Lussemburgo e Svizzera, e ai 1.250 milioni di lire per  l’area ex Ercole Marelli (anch’essa di Pasini) «mascherati» dietro il  saldo negativo di una permuta tra terreni con Di Caterina, il  costruttore aggiunge un’altra tangente che colloca prima, nel 2000,  addirittura al momento di comprare dai Falck l’area dove sorgevano le  acciaierie. A suo dire, gli sarebbe stato fatto capire che l’acquisto  dell’area gli sarebbe stato consentito o comunque facilitato dalla  politica se avesse ingaggiato come consulenti due professionisti  asseritamente vicini alle coop rosse emiliane, indicati in Francesco  Agnello e Giampaolo Salami, ai quali Pasini paga compensi per 2 miliardi  e 400 milioni di lire e che ora sono anch’essi indagati per l’ipotesi  di concussione.
Luigi Ferrarella
lferrarella@corriere.it
Giuseppe Guastella
gguastella@corriere.it