Cultura etica nella pubblica amministrazione

Cultura etica nella Pubblica Amministrazione

di Elisa Martino

La cultura organizzativa del servizio pubblico è il sistema di significati condivisi da parte di individui che cooperano. Essi si incarnano in simboli, miti, linguaggi, rituali, metafore, attraverso cui si traccia il discrimine tra lecito e illecito.

Il servizio pubblico ha un’etica che risponde a propri codici morali e norme derivate; in essa sono vigenti standard più restrittivi e intransigenti, rispetto sia all’etica privata sia a quelle proprie delle altre professioni.

Belligni nella sua trattazione sui costi della corruzione utilizza due modelli etici riguardo gli standard valoriali e normativi che connotano l’identità morale del funzionario pubblico nel suo ambiente organizzativo: l’ethos burocratico e l’ethos democratico.

Il primo è improntato ai seguenti principi: competenza, imparzialità, disinteresse, neutralità politica, lealtà e obbedienza. Questo modello considera corretto il comportamento amministrativo che si conforma a questi standard formali a prescindere dai concreti obiettivi perseguiti. Il secondo, invece, è orientato alla responsabilità e ai risultati che devono consistere nel perseguimento dell’interesse collettivo.

L’ethos burocratico e quello democratico costituiscono la “moralità burocratica” che richiede un uso responsabile della discrezionalità e prudenza nel perseguimento dell’interesse collettivo.

Nella pubblica amministrazione è però presente un terzo tipo di ethos che si allontana da questa sintesi virtuosa: quello corporativo. Esso è caratterizzato dall’eterogenesi dei fini e dal perseguimento degli interessi organizzativi dei burocrati.

I deprecati fenomeni di autoconservazione, autotutela, autoreferenzialità delle burocrazie pubbliche rafforzano, secondo Belligni, le tendenze al malcomportamento e alla corruzione.

Il sistema corruttivo può essere limitato attraverso l’adozione di programmi rivolti a ridurre l’opportunismo e ad elevare il livello etico delle organizzazioni, in aderenza all’ethos burocratico e democratico. Lo scopo dev’essere quello di rafforzare la lealtà all’istituzione e lo spirito di corpo, per far perseguire scopi di equità sociale e non organizzativi, propri del burocrate.

Il Servizio Anticorruzione e trasparenza, nel “Primo rapporto al Parlamento”, febbraio 2009, afferma che la corruzione è una tassa immorale ed occulta pagata con i soldi dei contribuenti che frena lo sviluppo economico. Il costo della corruzione stimato è di 50-60 miliardi di euro l’anno,ossia una tassa di circa 1000 euro l’anno a testa, inclusi i neonati. Ma essa “ha però un impatto ancora maggiore sul piano dell’immagine, della morale, della fiducia; un costo non monetizzabile che rischia di ostacolare gli investimenti esteri in Italia, di uccidere la fiducia nelle istituzioni e rubare la speranza nel futuro alle generazioni di giovani, cittadini ed imprese”.

Secondo questa organizzazione la lotta alla corruzione si deve basare su una riforma del sistema di finanziamento dei partiti ma soprattutto sulla riaffermazione dei principi dell’integrità e dell’etica pubblica.

I Signori Rossi intendono controllare che questi principi vengano rispettati dalla pubblica amministrazione, al fine di garantire il rispetto dell’interesse pubblico.

Fonti:

  1. Tesi di laurea di Elisa Martino “Democrazia e corruzione”.
  2. S. Belligni , Il volto simoniaco del potere, Giappichelli, Torino.
  3. Servizio Anticorruzione e trasparenza, “Primo rapporto al Parlamento”, febbraio 2009.

6 Commenti a “Cultura etica nella pubblica amministrazione”

  • agostino sabbatini:

    Ho esperienze estremamente negative con un certo tipo di amministrazione: da un certo punto di vista, con fatti ancora più gravi di quanto avvenuto a Raphael.
    Ho una documentazione in grado di dimostrarlo al di là di ogni ragionevole dubbio.
    Sono disponibile a incontrarmi, a Torino, con un ingegnere strutturista e che potrà verificare le mie affermazioni e la gravità dei fatti, successivamente un avvocato penalista potrà constatare come il diritto dei Cittadini all’incolumità venga calpestato.
    Se mi inviate un recapito telefonico posso chiarire telefonicamente.

  • Paolo:

    Sono un dipendente pubblico, e conosco bene la questione dell’illegalità che pervade capillarmente la pubblica amministrazione. E al proposito vorrei proporre alcune brevi riflessioni, prendendo spunto dall’eccellente articolo di Elisa Martino.

    1. Il reato di corruzione per definizione può essere commesso solo da pubblici funzionari (e dai privati che eventualmente li corrompano). Dunque, se il costo si aggira su € 50 mld. annui, significa che ognuno dei 3,5 milioni di dipendenti pubblici (compresi funzionari onesti, usceri, infermieri, sportellisti di anagrafe, ecc. ecc.) produce in media circa 15.000 € all’anno di corruzione!!

    2. Sono del parere che la corruzione costituisca il problema “di sistema” più grave di questo Paese: è un’affermazione che può sembrare paradossale dove la disoccupazione arriva ai numeri drammatici che conosciamo, e dove su un territorio così piccolo convivono mafia, camorra e ‘ndrangheta. Ma queste ultime possono prosperare (negli appalti pubblici) solo grazie a politici e funzionari corrotti e a leggi inadeguate (si pensi solo alla certificazione antimafia … autodichiarata! e alla prescrizione di 7,5 anni per la corruzione, che rende questo reato praticamente impunibile, e infatti è aumentato del 250% in due anni), altrimenti non vi avrebbero accesso. E se i 50 mld. di euro all’anno che ci costa venissero usati per le politiche dell’occupazione, o comunque sociali, i problemi disoccupazione, asili nido, assistenza a anziani e disabili ecc. forse non esisterebbero.

    3. Ma c’è di più: la corruzione “propria” è solo ciò che emerge dell'”iceberg” costituito dalla pratica illegale quotidiana che non così spesso sfocia in corruzione vera e propria. Quasi nessuno nemmeno si sogna di opporsi, nell’esercizio delle proprie funzioni, alla prassi illecita o al regolamento interno che deroga dalla legge, o alla richiesta illecita da parte del dirigente, per la banalissima ragione che se gli va bene, si ritrova senza far nulla, altrimenti rischia trasferimenti e procedimenti disciplinari.

    Il panorama è davvero sconfortante!

    Grazie per l’ospitalità.

  • barbara:

    perdonatemi, debbo rispondere al sig.Pier, grazie.
    La sua esperienza rientra nei casi denomianti prassi e consuetudini, s’immagini lo Stato che stipula contratti fiduciari e come si stabilisce il merito? Il più adottato: fidanzate,figlie.
    Troppo semplice! Stiamo parlando della Pubblica Amminsitrazione, il I principio che dovrebbe adottare è l’imparzialità, pari opportunità. Stesso metodo non deve essere adottato su questioni che riguardano la protezione di cose, la differenza è sostanziale.
    Se nel corso del tempo la buona sorte è stata presente, la legge, anche quella dle buon senso è ben diversa.

  • Ennio Alessandro Rossi:

    La corruzione è il “Cuneo” utilizzato dal Mafioso per entrare in contatto e ricattare il pubblio amministratore

    http://www.liberainformazione.org/news.php?newsid=14706

  • Emanuela:

    Sono anch’io un pubblico dipendente, e sono già assistita da un legale – una giovane donna agguerrita. Per aver segnalato, pur nella corretta sede e dopo anni di lotta, carenze organizzative; una direzione inesistente; scorrettezze evidenti e disparità di trattamento nell’azione amministrativa; un “governo” delle “risorse umane” feudale, ora sono come il protagonista di un romanzo di Ismail Kadare sull’Albania arcaica: il fulmine è giunto e mi ha fatto terra bruciata intorno, con l’ingiuria e la diffamazione. Mi attende, in giudizio, la commedia che si concentrerà sul (mio) “carattere impossibile”, con la consolazione di uno, forse due “signori Rossi” che mi staranno vicino. E tanti documenti a provare l’impegno in favore della collettività.
    Vi stringo la mano, signori Rossi. Apprezzo e condivido i contenuti dell’articolo di Elisa. Mi auguro che tutti noi possiamo condividere il senso dell termine “responsabilità” nell’Amministrazione che vogliamo.

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