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Corruzione, Penati indagato anche per la Milano Serravalle

NUOVO FILONE DELL’INCHIESTA SULLE AREE EX FALCK DI SESTO SAN GIOVANNI

Corruzione, Penati indagato anche per la Milano Serravalle


MILANO – Filippo Penati, già accusato di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti, è indagato per concorso in corruzione anche per il filone dell’inchiesta dei pm di Monza che riguarda l’acquisto della Milano-Serravalle. Nel 2005 la Provincia di Milano acquistò il 15% delle azioni della Milano-Serravalle dal Gruppo Gavio, raggiungendo la maggioranza assoluta delle azioni della società autostradale. Il dimissionario vicepresidente del Consiglio regionale lombardo, già accusato di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti, dovrà quindi rispondere anche in relazione al presunto «sovrapprezzo» che sarebbe stato versato a lui e al suo capo di gabinetto Giordano Vimercati sull’acquisto delle quote della Milano Serravalle. L’accusatore anche in questo caso è l’imprenditore Piero Di Caterina, che ha raccontato di incontri in cui si sarebbe concordata questa tangente. In questo capitolo è indagato anche il manager di Banca Intesa Maurizio Pagani, insieme ad altri che secondo Di Caterina avrebbero partecipato agli incontri.PENATI: «NESSUNA COMUNICAZIONE» – «Apprendo dalle agenzie di stampa di essere indagato per concorso in corruzione per l’acquisto da parte della Provincia di Milano del 15% della Milano-Serravalle, avvenuto nel 2005. A questo proposito rendo noto che non ho ricevuto alcuna comunicazione formale dalla Procura di Monza», afferma Penati in una nota. «Preciso che non ho mai sentito parlare, e tanto meno partecipato, a riunioni o trattative circa eventuali sovrapprezzi per l’acquisto delle quote di Serravalle, di cui ho avuto notizia solo dalla stampa. Desidero, inoltre, ancora una volta ricordare che la documentazione del fascicolo Serravalle è a disposizione e al vaglio dei magistrati da 6 anni, in seguito all’esposto dell’allora sindaco di Milano, Gabriele Albertini».

LA DIFESA DI PAGANI – L’avvocato Angelo Giarda, difensore di Maurizio Pagani, proprio giovedì mattina si è recato in Procura a Monza per depositare la nomina di difesa e ha spiegato che il luogo delle presunte «trattative» indicato da Di Caterina «non esiste». In un interrogatorio del 30 giugno 2010, infatti, Di Caterina ha riferito ai pm ciò che gli avrebbe detto l’ex dirigente della Provincia di Milano Antonino Princiotta, cioè di «incontri presso lo studio del commercialista Ferruccio di Milano via Pontaccio, nell’aprile 2005», incontri a cui avrebbe partecipato tra gli altri, secondo l’imprenditore, anche Pagani. Sempre secondo Di Caterina, in quegli incontri si sarebbe parlato di un «sovrapprezzo» da pagare a favore di Penati e Vimercati. Giarda, difensore anche di Alberto Stasi nel processo per l’omicidio di Garlasco, ha spiegato: «Abbiamo fatto delle ricerche, e quello studio in quella via non esiste». Il difensore ha anche chiarito che per ora non c’è la necessità di un interrogatorio nei confronti di Pagani, perché prima gli inquirenti dovranno fare «un excursus» sul ruolo di Banca Intesa, anche alla luce delle carte acquisite nei giorni scorsi durante una perquisizione negli uffici di Pagani.

L’IMMOBILE «FANTASMA» – La nuova accusa a Penati è legata alla finta compravendita immobiliare tra Bruno Binasco, manager del gruppo Gavio, e l’imprenditore Piero Di Caterina, un compromesso firmato il 14 novembre 2008 per l’acquisto da parte di Binasco di un immobile di proprietà di Di Caterina. In questo documento, considerato dall’accusa una delle prove principali, viene fissata una caparra da due milioni a favore del venditore. Binasco rinuncerà poi all’acquisto dell’immobile e Di Caterina intascherà due milioni di euro senza alcun sacrificio. Nell’istanza al Tribunale del Riesame con cui fanno appello contro l’ordinanza di custodia cautelare del gip di Monza, chiedendo quindi l’arresto di Penati, i pm Walter Mapelli e Franca Macchia scrivono che «l’unica alternativa razionale e coerente per spiegare il pagamento di Binasco a Di Caterina nell’interesse di Penati e Vimercati è che la somma sia parte della tangente loro destinata per l’acquisto da parte della Provincia di Milano del 15% delle azioni della Milano Serravalle avvenuto in data 29 luglio 2005». In sostanza, la compravendita immobiliare fittizia sarebbe servita a occultare una tangente sull’affare Milano Serravalle.

LA RICHIESTA DI ARRESTO – Intanto, è stata fissata il prossimo 21 ottobre la discussione, davanti al Tribunale del Riesame di Milano, dell’appello presentato dai pm per chiedere l’arresto di Filippo Penati per le accuse di concussione, corruzione e finanziamento illecito. Il gip Anna Magelli, con un’ordinanza lo scorso 10 agosto aveva rigettato la richiesta di arresto per Penati e per il suo ex braccio destro Giordano Vimercati (anche per lui è fissato il riesame per il 21 ottobre), riqualificando l’accusa di concussione in corruzione e ritenendo dunque i reati prescritti e facendo cadere l’accusa di finanziamento illecito ai partiti.

Redazione online

Corruzione, governo ritira emendamento

(da Corriere della Sera)

La decisione dopo la bocciatura mercoledì in Aula. Schifani lavora all’accordo, il Pd lo ringrazia

MILANO – Il governo ha deciso di ritirare l’emendamento sulla Commissione di nomina ministeriale che sostituisce l’articolo 1 del ddl anticorruzione bocciato mercoledì dall’Aula di Palazzo Madama, prima che ne venisse molto probabilmente dichiarata l’inammissibilità secondo il Regolamento del Senato. La decisione, suggerita dal vicepresidente del Pdl, Gaetano Quagliariello, e condivisa del presidente del Senato, Renato Schifani, è dovuta alle proteste dell’opposizione sull’emendamento perchè non viene istituita un’ Autorità terza come si era deciso mercoledì in Conferenza di capigruppo.

SCHIFANI – «Auspico che governo e opposizione trovino un’intesa e spero che nei giorni a venire si trovi, anche fuori da Aula e commissioni, un accordo tra i partiti per la presentazione di una norma condivisa», ha affermato il presidente del Senato Renato Schifani commentando il ritiro dell’emendamento. Schifani è stato artefice dell’intesa che ha sbloccato la situazione dopo che il governo era andato sotto con la bocciatura dell’intero primo articolo del ddl, un provvedimento «atteso dal Paese».

FINOCCHIARO – La capogruppo al Senato del Pd, Anna FInocchiaro, ringrazia il presidente Renato Schifani per «la sua coerenza e per il rispetto delle intese». «Sono soddisfatta per il ritiro dell’emendamento del governo al ddl anticrruzione – ha detto la capogruppo del Pd – e ci aspettiamo che ora il governo faccia la sua parte nel rispetto delle opposizioni e dell’accordo assunto ieri»