«Niente ciabatte, né mutande» Penati, frasi in codice e riunioni segrete

CORRIERE DELLA SERA

LE INTERCETTAZIONI

«Niente ciabatte, né mutande» Penati, frasi in codice e riunioni segrete

Il pm è cambiato? Meglio, con l’altro non si parlava

MILANO – Tutti che corrono da Bruno Binasco, tutti mandati in tilt dalla Corte dei Conti nel giugno-luglio 2010: l’ex braccio destro di Penati si precipita a un appuntamento con l’imprenditore Binasco addirittura ai binari di un treno Malpensa Express; il portavoce di Penati, all’esito di un altro incontro lampo con Binasco, comunica in codice al politico pd il sollievo di un «niente scarpe, niente ciabatte, niente mutande»; Penati telefona direttamente a Binasco per chiedergli un dato con il quale difendersi; il presunto collettore di tangenti di Penati (Di Caterina) reclama e ottiene da Binasco il rispetto di patti pregressi da 2 milioni di euro; e il direttore generale del Comune di Sesto si preoccupa di trovare un posto sicuro dove fare un incontro, nello studio dell’architetto di Binasco che nel 2008 aveva intermediato la caparra immobiliare usata come pretesto per far riavere a Di Caterina 2 milioni di pregressi finanziamenti a Penati.
«Quel pm? Inavvicinabile»
A fare da miccia sono il 22 giugno 2010 il provvedimento con il quale la Corte dei Conti ipotizza 80 milioni di danno all’erario nell’operazione Milano-Serravalle, e la conseguente lettera con la quale il 24 giugno il Comune di Milano (sindaco Moratti) mette in mora Penati, l’ex suo capo di gabinetto Giordano Vimercati, l’ex direttore generale Antonino Princiotta e altri nove ex amministratori della Provincia di Milano acquirente nel 2004 del travagliato pacchetto azionario della società autostradale Milano-Serravalle, ceduto all’ente pubblico dal gruppo Gavio-Binasco con una plusvalenza di 6 euro per azione. E tutti, sul versante dell’acquirente pubblico, «per valutare una linea difensiva», corrono proprio dal privato Binasco. Che da un lato è il top manager del gruppo Gavio venditore a peso d’oro delle azioni nel 2o04; ma dall’altro lato è anche l’uomo che, secondo i pm di Monza, avrebbe poi illecitamente finanziato nel 2008 il pd Penati con 2 milioni di euro, «mascherati» come caparra concessa in un preliminare immobiliare a Di Caterina attraverso una simulata opzione d’acquisto di un immobile, lasciata apposta scadere entro il 31 dicembre 2010.

Il clima di panico
Pur confusi e dispersivi come sono sempre i brogliacci riassuntivi delle intercettazioni, il loro esame svela ora il clima di panico determinato nell’estate 2010 dai rilievi della Corte dei Conti. La sera stessa del 24 giugno Penati chiama Princiotta e si informa su chi stia conducendo le indagini contabili: «Penati chiede se il pm è sempre il solito, e Princiotta dice che il pm è un altro e che da un certo punto di vista è meglio, perché con quello (di prima, ndr ) nemmeno potevano parlare». Poi Penati chiama direttamente Binasco, gli spiega che «la Corte dei Conti dopo 5 anni sta cercando di sospendere i termini di prescrizione», e gli chiede «quale è stata l’ultima transazione. Binasco risponde che l’ultima fu con un privato che gli ha venduto un 1% ex Comune di Como, ma al momento non rammenta sulla base di quali prezzi, farà delle ricerche. Penati ringrazia».

L’ufficio «sicuro» dell’architetto
Il 5 luglio il portavoce di Penati, Maggi, si incontra al Bar Basso «per un caffè» con l’architetto Renato Sarno, professionista vicino sia a Binasco sia a Penati, e tramite nel 2008 della caparra da 2 milioni di Binasco a Di Caterina. Subito Maggi avvisa Penati, che gli raccomanda «dopo, eh», per una spiegazione a voce in ufficio. Sarno la mattina dopo chiama Bertoli (attuale direttore generale del Comune di Sesto San Giovanni) per comunicargli che «ha bisogno di parlargli 10 minuti», e lo raggiunge già nel pomeriggio, quando poi spedisce al portavoce di Penati un sms per fissare un appuntamento («Va bene per Filippo lunedì alle 18 da me»). Slitterà più volte, fino a essere rimandato a settembre. Ma deve essere un appuntamento particolare se Bertoli l’8 luglio si pone il problema che «però c’è anche il bisogno di un posto…»: l’architetto Sarno subito lo rassicura che, «anche se lui è assente», possono «andare pure nel suo studio».

«Tutto a posto, niente mutande»
Il 13 luglio tocca a Pietro Rossi, consigliere d’amministrazione della società «Tangenziali esterne di Milano spa» designato dalla società Milano-Serravalle, chiamare Binasco e chiedere «un incontro per la settimana prossima»: ma non per sé, bensì un incontro «per loro», che «questa settimana sono a Roma». Binasco però va in ferie e rimanda a fine luglio, quando il 29 Binasco ricontattato ma non da Rossi, bensì dal portavoce di Penati, Maggi, che «ricorda a Binasco che Rossi gli ha detto di chiamarlo». Concordano un incontro nel pomeriggio nell’ufficio di Binasco, e Maggi appena uscito comunica il tutto a posto a Penati: «Niente scarpe, niente ciabatte, niente mutande». Frase criptica che però Penati decodifica: «Oh la Madonna, nessun problema insomma». «Sono in corso ulteriori approfondimenti – tira le fila sul punto la Gdf – finalizzati a comprendere quali siano le motivazioni, a oggi ignote, per cui Rossi per conto di terzi (“Loro sono a Roma”) abbia contattato Binasco e poi delegato a incontrarlo Maggi», il portavoce di Penati. «E sono ignoti i reali contenuti della comunicazione di Maggi a Penati subito dopo il suo incontro con Binasco (“Niente scarpe, niente ciabatte, niente mutande”)».

Appuntamento urgente sui binari
Intanto il primo luglio anche «Vimercati ha cercato Binasco «per un consiglio», e Binasco, «compreso che si tratta della Serravalle, gli fissa un appuntamento il 7 luglio all’ingresso della stazione ferroviaria del treno Malpensa Express». L’imprevisto incontro tra Binasco e un conoscente, però, spiazza sia la coppia Binasco-Vimercati che voleva parlare in maniera appartata sia la Gdf: «Dall’intercettazione ambientale si è potuto comprendere che i due hanno effettivamente parlato della Serravalle», ma solo «in termini generali, perché accanto a loro era seduta una terza persona, conoscente di Binasco, sopraggiunta inaspettatamente ancor prima dell’arrivo di Vimercati e presente per tutto il tempo dell’incontro».

«La caparra? Rispetterò il patto»
Tra tutti, però, a luglio 2010 è l’imprenditore Piero Di Caterina (che in giugno ha iniziato a parlare coi pm) ad avere l’interesse materiale più immediato: dopo l’affondo della Corte dei Conti, infatti, è evidente che teme che Binasco non rispetti più i patti cristallizzati nella strana caparra immobiliare concessagli nel 2008 ma in teoria ancora appesa all’opzione che scadrà il 31 dicembre 2010. Perciò «il 5 luglio, peraltro su indicazione di Penati e Princiotta», anche «Di Caterina contatta Binasco allo scopo di dare ulteriore corso al preliminare». Binasco si irrita, taglia corto in maniera brusca, dice a Di Caterina che non ha intenzione di incontrarlo. Ma gli assicura che «comunque avrebbe rispettato il contratto». Cosa che in effetti farà, «disinteressandosi dell’affare» e lasciando scadere l’opzione per regalare di fatto i 2 milioni a Di Caterina.

Luigi Ferrarella
lferrarella@corriere.it

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